TERESA GAMBULI
“Carissimi, sono a Zara con i miei soldati”
Un partigiano tifernate nei Balcani
Postfazione di Alvaro Tacchini
Un giovane e il fascismo
Parlare oggi di Resistenza ha senso? Sì, ancora ha un senso se si vuol comprendere cosa voglia dire avere “la dignità” di essere donne e uomini in un contesto politico, sociale, culturale sempre più degradato e degradante. Sì, ha un senso quando i nostri padri e i nostri nonni hanno combattuto per conquistare la libertà e per la salvezza della propria patria, facendo delle scelte morali, civili e politiche in un mondo in cui tutto sembrava vanificato.
Questo Quaderno potrebbe essere tutto in queste considerazioni. È un’opera nata dalla ricerca di una figlia, Teresa Gambuli, sulle tracce di alcune preziosissime lettere inviate dal padre Angelo alla famiglia e rimaste come testimonianza di una pagina di storia spesso troppo ignorata perché anche molto difficile da comprendere ed accettare; storia vissuta da un giovane ufficiale di ventisette anni dell’esercito italiano di stanza a Zara, in quella zona disgraziatissima d’Europa, non solo a causa della guerra che aveva stravolto tutto il pianeta, ma che proprio in quelle terre dalmate era ancora più tragica per odi, fazioni, religioni, etnie, le più diverse e molto ostili non solo nei confronti dell’occupante italiano ma anche fra loro stesse. Le lettere, raccolte e ordinate storicamente dall’8 settembre 1943 fino al 25 aprile 1945, sono una testimonianza rara della lotta per la libertà contro la Germania di Hitler, ispirata dai più autentici valori cristiani, assieme ai partigiani di Tito, vivendo sofferenze inumane, solitudini strazianti, fame, malattie fisiche e psichiche, barbarie di ogni tipo.
Luigi Spallacci nella Presentazione al testo così sintetizza con sensibilità e profondità di analisi: “Ancora il 13 Ottobre del 1946 Angelo scrive: ‘L’uomo resiste praticamente a tutto, più delle bestie (i muli muoiono e gli uomini continuano a lavorare) sa fare tutto, sa stare per giorni senza mangiare e lavora, riesce a dormire sotto la pioggia e fra la neve, si accorge alla prova con una grande meraviglia di essere, anche fisicamente, l’animale più forte del creato. Ma una cosa esige per agire con gioia per mettere fuori tutte le sue energie, vuol credere a qualche cosa, vuole avere un’idea, vuol sapere il perché […]. La stessa idea di patria per essere idea-motore ossia per entusiasmare bisogna che in ogni momento si identifichi con la nostra umanità presente, che racchiuda insomma la nostra costante idea di giustizia, di bontà, di miglioramento morale e materiale’. C’è tutto l’uomo, appunto, in queste affermazioni, che non nascono da riflessioni astratte, ma da esperienze tristissime della vita, vissute in prima persona, e c’è tutto il credente, convinto che non siamo per caso su questo mondo, ma per realizzare, attraverso il proprio impegno, un progetto di umanità positiva. La sua scelta di combattere a fianco dei partigiani dalmati, di ispirazione comunista, ma impegnati a combattere per la libertà del loro Paese contro un nemico invasore e liberticida, ci fa capire che le sue scelte non erano motivate da ideologie contingenti, ma da alti ideali di libertà e giustizia”.
La postfazione di Alvaro Tacchini è un lavoro illuminante e attentissimo nella lucida sinteticità di analisi degli scritti di Angelo Gambuli, i più vari nei contenuti e nel tempo in epoca fascista, dalla primissima adolescenza fino alla guerra.