VALENTINA VALERI
“Noi avemo i pensieri incerti peggio dei carcerati”.
La Grande Guerra del bersagliere Giovanni Gaggi
Valentina Valeri ritrova nel casolare di Carotoli (Appennino umbro-marchigiano) una cospicua corrispondenza epistolare tra il bisnonno Giovanni Gaggi, soldato della Grande Guerra, e la sua famiglia; tale corrispondenza consiste in novantadue lettere, diciotto cartoline e due foto relative a un arco di tempo tra il 26 giugno 1915 e il 29 aprile 1918. La documentazione, unitamente al racconto di Rosa Gaggi (figlia di Giovanni), restituisce il ritratto di un uomo silenzioso, burbero, ma anche gentile e sensibile che porta con sé, per il resto della vita, turbamenti psicologici causati dalla drammatica esperienza della trincea.
La corrispondenza dà testimonianza della durissima vita del fronte, in questo caso nell’Alto Cadore. Nelle lettere si avverte la stanchezza di una guerra subita contro un nemico che non viene considerato nemmeno tale (“la guerra si fa con la neve più che col nemico”). Traspare l’angoscia per una situazione accettata ma non voluta, che fa ritenere la condizione del soldato peggiore di quella del carcerato il quale, se non altro, conosce quanto è lunga la sua condanna. Di fronte al quotidiano spettacolo di morte, le lettere sono un tramite con la vita, rafforzano il legame con il mondo familiare. Proprio per l’importanza del mantenimento di questo rapporto con la famiglia, lo Stato riuscì sempre a garantire il servizio postale durante il periodo bellico.
Le licenze, indispensabile ricarica psicologica ma anche inevitabile interruzione del processo di adattamento alla guerra, sono ritenute dalle autorità militari il presupposto per gli insuccessi militari e vengono concesse con sempre maggiore restrizione. La licenza è il tormento di Giovanni Gaggi, il tema ricorrente della sua corrispondenza, senza sapere che passeranno ventidue mesi prima di tornare a casa per la prima e unica licenza. Per di più questa coincide con il drammatico terremoto del 26 aprile 1917 che distrugge Monterchi e Citerna e viene avvertito anche nell’Appennino umbro-marchigiano; durante il sisma Giovanni non si alza dalla sedia e, imperterrito, rimane ad ascoltare il rumore di una “guerra naturale”.
Nel novembre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, il nostro soldato viene fatto prigioniero e portato in un campo di internamento ungherese. Lì patisce ulteriormente fame e freddo, al punto che torna a casa con gravi problemi respiratori, trascinati fino alla morte.
Giovanni, insieme ai compagni di guerra, è riuscito a sopravvivere grazie alla forza d’animo maturata nell’affrontare una quotidianità assai difficile. Nella corrispondenza, non si coglie nessuna ribellione, anzi si rileva un’accettazione paziente di prove molto ardue: questa la sua filosofia di vita, questa la sua eroica virtù.
La presentazione del Quaderno ha avuto luogo il 10 novembre 2007.