ALVARO TACCHINI
La battaglia di Villa Santinelli e la fucilazione dei partigiani
Alvaro Tacchini, seguendo scrupolosi criteri storiografici, ricostruisce i fatti che avvennero a Villa Santinelli, presso San Pietro a Monte, il 27 marzo 1944
Nell’autunno del 1943 viene costituita una banda partigiana animata dal diciassettenne Eduino Francini che, trovando rifugio nell’Alpe della Luna, pattuglia il territorio tra i valichi di Via Maggio e Bocca Trabaria. A metà marzo del 1944 alcuni di questi partigiani decidono di trasferirsi verso Spoleto. In questo loro spostamento si trovano coinvolti nell’insurrezione di Sansepolcro del 19 marzo, quando la popolazione si ribella alle autorità fasciste che hanno anticipato il coprifuoco alle ore 18. I disordini provocano la reazione fascista, che ha conseguenze gravi ma limitate a pochi feriti in entrambe le parti. Il 20 marzo la banda raggiunge Molin Nuovo, il 24 si dirige verso sud attraverso l’Appennino umbro-toscano. Giunta a San Pietro a Monte alle due del mattino del 25 marzo, la banda si introduce nella Villa Santinelli e dichiara prigioniera la famiglia.
Quando la Milizia Repubblicana viene avvisata della occupazione della villa, i fascisti di Città di Castello organizzano una spedizione. All’alba del 27 marzo comincia la battaglia, nella quale perdono la vita due militi fascisti. La villa continua ad essere colpita ma gli assediati non si arrendono. Alle 10.30 arriva da Perugia il capo della provincia Armando Rocchi che assume il comando delle operazioni. Nel pomeriggio entrano in azione i mezzi blindati dei tedeschi.
Verso sera i partigiani si arrendono e 10 di essi escono dalla villa a mani alzate; di essi soltanto uno viene risparmiato dal plotone di esecuzione che intorno alle 20 fucila gli altri nove, ai quali è concesso l’ultimo desiderio, quello di cantare “Bandiera rossa”. La mattina successiva i fascisti trovano nei sotterranei della villa tre altri partigiani, che vengono tradotti a Perugia e interrogati. Il 9 giugno il capo della provincia Rocchi rimette in libertà i prigionieri. Su uno di essi si concentrano i sospetti di aver tradito e di aver fatto i nomi di numerosi antifascisti di Sansepolcro, successivamente arrestati; verrà poi eliminato dai compagni di lotta, ai quali si era ricongiunto.
L’istruttoria per accertare le responsabilità penali nei fatti di Villa Santinelli viene avviata nell’immediato dopoguerra, ma l’inchiesta rischia di essere condizionata dalla tesi difensiva degli imputati fascisti, che tentano di far passare per delinquenti comuni i componenti della banda partigiana. L’iter processuale risulta contorto con passaggi dal tribunale di Firenze, a quello di Perugia e di nuovo a quello di Firenze. Per la vicenda di Villa Santinelli vanno a processo trentadue persone delle quali alcune vengono prosciolte, altre amnistiate. L’avventura giudiziaria di Rocchi si rivela lunga e complessa: condannato nelle Corti di Assise di Bologna, di Roma e nuovamente di Bologna, nel 1950 l’imputato beneficia della libertà condizionale. Dopo altre vicissitudini, nel 1959 a favore di Rocchi viene pronunciata la declaratoria di amnistia e nel 1961 la sua riabilitazione civile.
Il Quaderno – presentato a Sansepolcro il 19 marzo e a Città di Castello l’8 aprile 2017 – è stato prodotto in collaborazione con l’istituto “Museo e Biblioteca della Resistenza” di Sansepolcro, città in cui risiedevano alcuni dei partigiani fucilati.